Nel weekend del 10-11 febbraio ho partecipato al 25° congresso nazionale di PrePos dal titolo "Affrontare l'ipocrisia e vivere l'autenticità". E' stata per me un'emozione immensa aver potuto parlare dal palco esattamente 7 anni dopo l'investitura a Cavaliere di San Valentino da parte del Professor Masini e ringrazio perciò di cuore Emanuela Mazzoni e Emilia Scotto per l'opportunità datami. Di seguito un riassunto del mio intervento.
Questi due giorni mi hanno dato modo di riflettere parecchio sul tema dell’ipocrisia e non ho potuto fare a meno di pormi una domanda: “ma io, come counselor, quando mi comporto in maniera ipocrita?”. Per rispondere mi è stato necessario fare un passo indietro e tornare a 7 anni fa, quando a San Giovanni Valdarno il professor Masini mi investì del titolo di Cavaliere di San Valentino. Come sapete al momento dell’investitura viene richiesto quale importante aspetto della vita sarà quello che difenderemo col nostro ruolo e all’epoca io scelsi il Cambiamento.
Ieri qualcuno ha detto che il counselor è in un certo qual modo un alchimista; sono pienamente d’accordo con questa affermazione, in effetti entrambi lavorano per il cambiamento, per la trasformazione di qualcosa di impuro o sofferenziale in qualcosa di puro, prezioso e armonico. Se per Enzo il numero più significativo era il 7, io subisco una fortissima attrazione per il 3, sono decisamente hegeliano nel mio modo di vedere la vita: Tesi - Antitesi - Sintesi, Materno - Paterno - Fraterno, Individuo - Sofferenza - Cambiamento…
Durante il pranzo ho avuto modo di discutere con Emanuela Mazzoni di famiglia; è stato un dialogo costruttivo, uno scambio di punti di vista arricchente credo per entrambi. Discutendo animatamente con lei, mi son reso conto che per me famiglia è quella in cui da due individui diversi si viene a generare qualcosa di nuovo, e questo qualcosa di nuovo altro non è se non l’Amore, nella forma materica dei figli E nella forma astratta di sentimento che può essere percepito anche al di fuori della coppia e fungere da seme di benessere, armonia e speranza nella società. Non mi piace molto l’interpretazione di Erica Poli, ricordataci da Francesco Saviano, di amore come a-mor(te), senza morte: per quanto mi riguarda l’Amore è Morte, non la morte sterile e fine a se stessa che ci fa tanto paura, ma la morte in senso alchemico, vista come forza trasformativa e rigenerativa; non è forse vero che ogni volta che amiamo moriamo nel nostro vecchio modo di essere rinascendone cambiati?
Noi siamo counselor, alchimisti e cavalieri e ogni cavaliere è dotato naturalmente di una spada. Essa non è un mero oggetto estetico, ma è fatta per combattere e tagliare. Tornando alla mia domanda iniziale, il counselor è ipocrita nel momento in cui non si prende la responsabilità di far uso di quella spada di cui è dotato, non per ferire a casaccio creando nuova sofferenza, ma come un chirurgo per aprire quella ferita narcisistica, piena di pus, nell’anima del cliente e prima ancora nella propria.
Un comportamento diventa ipocrita solo nel momento in cui viene ritenuto tale da chi lo subisce e non necessariamente è inteso come tale da chi lo agisce. La sofferenza che viviamo deriva dalla ferita narcisistica che quel comportamento apre in noi. Bruno Turra ha terminato il suo intervento con una domanda provocatoria “Non posso scrivere di immigrati senza sentirmi dare del razzista o contro i matrimoni gay senza sentirmi chiamare omofobo (a causa del politicamente corretto)?”. Ecco se in studio dovesse farci una simile domanda un nostro cliente potremmo decidere ipocritamente di colludere con lui rincuorandolo su quanto gli altri siano cattivi e andrebbero puniti, o potremmo prenderci la responsabilità di estrarre la nostra spada per riaprire la sua ferita narcisistica e ripulirla, agendo così in maniera etica e professionale. Nel caso in cui scegliamo questa seconda opzione, probabilmente sul momento il cliente potrebbe sperimentare nuova sofferenza e noi sentirci a disagio, ma sappiamo che tutto ciò è necessario per portare a quel cambiamento che permetterà a chi ci sta di fronte di aprirsi al benessere. Vincere l’ipocrisia non può non passare dalla morte di quella parte di noi narcisista, dalla sua trasformazione in amore verso noi stessi e verso l’altro. Solo con questo esempio anche l’ipocrita avrà la possibilità, se vorrà, di cambiare, fermo restando che questa sarà una scelta solo sua. E' importante far capire al cliente (e a noi stessi) che noi al massimo possiamo indicare la via, ma la scelta di incamminarsi o meno su di essa starà al singolo. In quanto counselor dobbiamo essere tedofori: dobbiamo fare luce perché gli altri possano vedere il cammino verso una pace duratura.
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